Il 30 novembre 1969 entrava in vigore la riforma liturgica del Novus Ordo. Questo anniversario mi spinge a condividere alcune considerazioni personali.
Prima però devo fare una premessa. Questo blog (che purtroppo non riesco ad aggiornare con la frequenza che desidererei) è dedicato, come si evince dal motto, alla condivisione delle cose belle che il Signore mi concede di incontrare ogni giorno: dipinti, stampe, opere architetturali, musica, brani letterari, ricette gastronomiche, luoghi d’ispirazione. Tra queste cose belle c’è il Vetus Ordo: a dire la verità è proprio in cima alla lista, perché niente può essere più bello della Messa che da duemila anni, attraverso il Sacrificio di Cristo, riconcilia l’umanità con Dio e, con essa, anche il creato. È la fonte da cui scaturisce ogni bellezza; la fonte di ogni bellezza è necessariamente più bella di tutto ciò a cui dà origine. Ma sono tutti pensieri di un semplice fedele, non certo di un esperto di teologia o di liturgia. La premessa serve a specificare che è nella prospettiva del semplice fedele che mi accingo a scrivere due righe sulla riforma liturgica.
Mi incuriosisce che — a quanto pare — questo anniversario tondo tondo sta passando in sordina. Strano: perché la stravagante Chiesa a cui siamo abituati da qualche decennio magnifica ad ogni pié sospinto, tra trionfali squilli di tromba, sé stessa e tutte le “innovazioni” a cui ci ha sottoposto. Allora perché questa sordina? Ho provato a dare una risposta pensando alla mia esperienza personale.
Sono nato grossomodo all’epoca della riforma — anno più anno meno — dunque del Rito Antico, il Vetus Ordo, insomma quello che c’era prima, non avevo alcun ricordo: non potevo averne. Da qualche anno frequento il Vetus Ordo in modo quasi esclusivo e mi sono grandemente stupito del fatto che fino a poco tempo prima non sapessi neanche della sua esistenza. E dire che sono nato in una famiglia cattolica, definiamola “conservatrice” anche se il termine oggi è ambiguo, e sono andato a scuola in istituti gestiti da religiosi. Chiariamoci: sapevo della riforma del 1969, che “una volta” la Messa si celebrava in latino, ma credevo che fosse l’unico cambiamento sostanziale. Non mi aspettavo un rito totalmente diverso (con buona pace del buon Ratzinger, il quale afferma che ci sono “due forme dello stesso rito”).

Come può essere accaduto? Non sono un pozzo di conoscenza, ma sono una persona istruita e — soprattutto — molto, molto curiosa. Studio tutto quello che mi capita a tiro. Sono “tradizionalista” nell’animo, come si può dedurre dai gusti in campo artistico. Come diamine posso essermi clamorosamente perso, per più di quarant’anni, una cosa come il Vetus Ordo? Non è che voglia discolparmi, ma so di non essere l’unico: ogni settimana leggo la testimonianza di cattolici, più o meno della mia età e di ogni parte del mondo, che manifestano esattamente la stessa perplessità. Non può essere un caso.
Allora mi viene in mente una celebre frase del romanzo “1984” di Orwell: «Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato». Nel romanzo distopico il regime al potere, preso il controllo di libri, giornali, film, archivi documentali, insomma di tutto ciò che “fa cultura”, si preoccupa assiduamente di eliminare anche dal racconto storiografico tutto ciò che contraddice la verità ufficiale. Se per esempio si crea un rovesciamento di alleanze tra le superpotenze che si spartiscono il mondo e l’alleato di un tempo diventa un nuovo nemico a cui si fa guerra, dal racconto storiografico deve sparire ogni riferimento alla precedente alleanza. Perché nessuno deve porsi domande, casomai arrivi a scoprire delle contraddizioni.
Dev’essersi verificata la stessa cosa anche per la nuova Messa. Il Vetus Ordo, “cadavere imbalsamato”, doveva proprio scomparire dalla memoria di tutti insieme al Sacrificio di Cristo morto sulla Croce che in esso si rinnova quotidianamente: perché solo facendoli sparire i fedeli possono trangugiare le enormi contraddizioni della neochiesa, forse propedeutiche all’avvento dell’Anticristo (o comunque di un suo precursore).
Ecco spiegato perché l’anniversario di oggi non viene celebrato: se ricordi a tutti che c’è stata una riforma, qualcuno potrebbe chiedersi: ma cosa c’era prima? E, magari, andare a cercarlo.
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