Ispirazioni

Saliti in auto, appena ripresa la strada principale, Jacques cercò da padre Jean-Marie le risposte che non avrebbe potuto avere da Honorat.
«Sì, Jacques, Honorat ha detto bene: il Padreterno ci chiama e ci indirizza in molti modi, anche misteriosi, che a volte nessuno riesce a comprendere. I “gemiti inesprimibili” a cui accenna San Paolo in certi casi potrebbero anche essere ispirazioni e sogni. San Giuseppe sognò cosa doveva fare con Maria e Gesù e il dono della profezia è presente in tutte le Scritture, sin dai tempi antichi fino a santi recenti. San Giovanni Bosco capì in sogno che Dio lo chiamava ad occuparsi dei ragazzi di strada e in sogno profetizzò sul futuro della Chiesa. Forse alcuni dettagli sulle vite di certi santi possono essere racconti allegorici, ma non tutti. Da quando si vuole interpretare tutto in modo allegorico si è iniziato a volar basso, poi con la psicanalisi abbiamo iniziato a precipitare e ora la nostra società è in vista dell’impatto con il suolo.»
«Ma…? Io la conosco bene, padre, e so che ora arriva il “ma”…»
«C’è sempre il rischio di prendere lucciole per lanterne. O perché Dio non c’entra e il responsabile è qualche altro spirito… mi intendi, no? Oppure perché prevale comunque la volontà di interpretare i segni a modo proprio: se Dio parla bisogna mettersi davvero in ascolto, ma non è facile… può capitare che interpretiamo le cose secondo i nostri desideri e non la Sua volontà.»
«E San Paolo ci ammonisce a “non badare a favole che servono più a vane discussioni che al disegno divino manifestato nella fede”
«Esatto. Pertanto bisogna trovare una sintesi equilibrata… ma come? Da secoli la cultura dominante ci ha fatto progressivamente abbandonare la capacità di interpretare i segni del Cielo, facendoci ritenere importante e reale solo su ciò che si può toccare e verificare; non sappiamo più trattare saggiamente queste cose. »
Il prete fece una breve pausa, poi riprese.
«Ti ricordi quando zio Bernard ti insegnava a pescare?»
«Come no. Mi portava sempre a prendere le trote in quel suo posto speciale sull’Ouvèze.»
«Te la cavavi bene: a volte mi trovavo sulla tavola qualche gentile dono da parte vostra, ben arrostito. Poi, quando iniziasti a girare per studio e per lavoro, mi dicesti che era una cosa a cui non riuscivi più a dedicare tempo.»
«È vero. Quando ho provato a rimettermici, ancora lo scorso agosto, mi sono reso conto di aver perso la mano. Non sono più capace di prendere neanche un pesciolino.»
«Ecco, è dove volevo arrivare: noi abbiamo perso la mano nell’interpretazione delle cose di Dio. Abbiamo rotto la tradizione interpretativa dei nostri padri, secoli di patrimonio della Chiesa. Non è roba che semplicemente si scrive e si studia; è roba che si tramanda. Tuo zio ha imparato da tuo nonno la capacità di fiutare i posti buoni per pescare; dico “fiutare” perché non ho mai capito come faccia… non è una procedura che si possa codificare. Lui arriva in un posto, si guarda intorno e sente se è buono o no. E ci prende quasi sempre. Come fai a recuperare questa capacità se si perde, se non si tramanda più da generazione in generazione?»
«Oggi le risponderebbero: mettiamo un sensore nell’acqua, studiamo il comportamento dei pesci, misuriamo la pioggia e la temperatura, poi tracciamo un diagramma e vediamo quali sono i posti migliori.»
«Già! Ma non è così che funzionano certe cose. Non è che l’aspetto analitico-razionale sia tutto da buttare, solo che è un modo di ragionare a compartimenti stagni. Io credo che Bernard sicuramente valuti anche certe qualità visibili dell’acqua, se è torbida o no, per esempio… ma non sta a raccogliere decine di parametri come farebbe un ricercatore, che si perde in un sacco di dati inutili. Tuo zio è capace di avere una visione d’insieme. L’uomo moderno si è scisso in sé stesso: ci troviamo con la parte analitico-razionale che ci dice una cosa, l’istinto che ne dice un’altra, e non sappiamo trarre una sintesi. Diamo troppo peso all’una o all’altra cosa. Ecco cosa intendevo prima con “perdere la mano”.»
«Chiaro.»
«Così anche se io e te continuiamo ad essere consapevoli dell’importanza di certi canali di conoscenza che non sono quelli oggettivi e razionali, siamo comunque nel mondo, siamo figli del nostro tempo, siamo influenzati dallo spirito del tempo. Se, grazie alla nostra formazione, non cadiamo nell’errore di disprezzare totalmente i segni come fanno gli scettici, però possiamo rischiare di cadere nell’eccesso opposto e di interpretarli male.»
«E quindi?»
«Come punto di partenza imprescindibile, la dottrina e la ragione sono sufficienti a guidarci nella maggior parte dei casi; e i sacramenti ci tengono in grazia di Dio, che ci guida. Non dobbiamo andare a cercare vie straordinarie e meravigliose, eclatanti… San Giovanni della Croce, che di prodigi certamente si intendeva, ammoniva: dobbiamo tenere gli occhi su Cristo, che completando la Legge ci ha anche mostrato come adempirla con il suo esempio; non dobbiamo andare a chiedere altre cose, come visioni o rivelazioni, sarebbe un’offesa al Padreterno.»

Tratto da: “Jacques Messadié gioca a sciarada”