“Il tempio fra il cielo e la terra”

Di fronte ad un monumento di grande fascino artistico e storico, quale è l’Abbazia di S[ant’]Antimo, sorgono spontanei nell’osservatore interrogativi e domande sull[e] ragioni che spingevano gli uomini del tempo ad esprimersi in modo così immaginifico e fecondo, inducendoli ad arricchire le modalità architettoniche del tempio con messaggi ora drammatici, ora intensamente poetici, ora carichi di allusioni simboliche.
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L’epoca nella quale il romanico si colloca e si afferma è testimone di un lento travaglio e di una oscura decantazione di tematiche religiose diverse, ma strettamente intrecciate tra loro, appartenenti non solo all’universo cristiano, ma spesso a quello della classicità mediterranea e della mitologia celtica nord-europea.
In questo periodo nell’arte religiosa in genere si esprime felicemente il legame stretto tra credenze popolari e sapere religioso, tanto che gli artisti o artigiani che fossero, vivevano evidentemente la loro creatività senza separazione dal mondo in mezzo al quale operavano. Separazione che invece diverrà evidente successivamente, quando l’arte in genere subirà un processo di intellettualizzazione e di astrazione.

Eremi Senesi - Amelia Almagià Ambron - Sant'Antimo
“Sant’Antimo”, Amelia Almagià Ambron

[… O]ggi l’industria della cultura, segno ed emblema di un’epoca certa di avere scoperto e spiegato quasi tutto, [ripropone] spesso in veste patinata e spettacolare il presunto esoterismo delle chiese romaniche. Ma dietro alla moda che gioca al mistero non c’è quasi nulla. Realisticamente solo un esame ed una considerazione paziente della cultura e delle tradizioni religiose delle varie epoche consentono di aprire qualche spiraglio tenendo distante le banalità.

Tratto da “Viaggio a piedi dalle Crete Senesi a Montalcino alla Val d’Orcia”, Fabio Pellegrini e Marco Montori, 1989 (Edizioni M.G. Città di Castello)